L'ecografia lineare della milza per la diagnosi precoce dell'a.r.         
 


Introduzione


Quello della precocità della diagnosi è uno degli elementi critici nella gestione di qualsiasi malattia autoimmune, sia che si parli di trattamento, sia - come sarebbe sempre auspicabile - se si ragiona in termini di prevenzione. Il motivo è immediatamente comprensibile se si prendono in considerazione i meccanismi fisiopatologici che sono alla base di ogni malattia autoimmune sistemica. Sappiamo infatti che i linfociti, principali effettori della risposta immune conseguente alla sensibilizzazione verso un determinato antigene, sia esso esogeno come anche - nel caso dell'autoimmunità - autologo, sono generati in numero virtualmente illimitato attraverso l'espansione clonale di un'unica cellula, entrata in contatto con l'immunogeno. L'entità della risposta, e del danno ad essa conseguente, sarà pertanto funzione del numero di cellule specificamente attive formatesi in questo processo. E' evidente che maggiore sarà il tempo trascorso tra l'inizio del processo autoimmune e l'instaurazione del trattamento immunomodulante, più difficile sarà ottenere un buon risultato nel controllo della malattia. Dunque la diagnosi precoce è un obiettivo primario nella clinica di tutti i disturbi autoimmuni. Considerando che ogni risposta immune sistemica si sviluppa principalmente nella porzione linfatica della milza, la cosiddetta "polpa bianca", il Prof. Miescher rivolse l'attenzione a quest'organo, con lo scopo di riconoscere un segno clinico che ne indicasse precocemente la presenza. Avvalendosi della classica tecnica semeiologica della percussione digitale, egli osservò come la lunghezza della superficie di contatto tra milza e parete toraco-addominale - espressione rilevabile dell'ipertrofia dell'organo dovuta all'iperplasia della polpa bianca - aumentasse in modo apprezzabile nelle fasi di attività di tutte le malattie autoimmuni sistemiche, per poi ridursi nei periodi di remissione. Studiando un gran numero di pazienti, arrivò a definire la misura di sei centimetri come valore massimo di questo contatto nei soggetti sani e nelle fasi di remissione dei pazienti autoimmuni, constatando come valori superiori fossero costantemente associati a fasi di attività della malattia autoimmune. L'esperienza del Prof. Miescher e dei suoi allievi che da lui appresero l'importanza della misurazione della milza non fece che confermare la validità di quell'osservazione, tanto che questo segno ha un ruolo essenziale nella valutazione clinica che operiamo su tutti i nostri pazienti. In tempi più recenti, considerando che la medicina attualmente praticata lascia poco spazio alla metodologia semeiologica classica, privilegiando gli esami strumentali (si può dire che oggi nessun medico ha tempo e voglia di "mettere le mani" sul paziente), il Prof. Miescher pensò a una valutazione ecografica dell'organo. Va precisato che la milza è routinariamente studiata nelle comuni ecografie addominali, nelle quali misure tra i 9 e gli 11 centimetri di maggior asse sono accettate come standard della normalità. Quella che noi invece misuriamo è solo una parte dell'organo, quella più superficiale, che è a contatto con la parete toraco-addominale. Sorprendentemente, potemmo subito constatare come le misurazioni ecografiche tradizionali non fossero di norma coerenti con quelle della percussione digitale. Il perché non è ancora ben chiaro. Si può assumere che l'iperplasia della polpa bianca splenica produca un aumento della superficie di contatto con la parete a causa di una variazione della forma dell'organo (diminuzione della convessità della parete esterna) che si renda evidente più dell'incremento complessivo della sua massa, pur postulabile. Sarà necessario uno studio di imaging con risonanza magnetica per chiarire il fenomeno. L'ecografia proposta dal Prof. Miescher è una tecnica con sonda lineare - idonea allo studio di masse poco profonde - applicata nella stessa area esplorata con la percussione digitale. I colleghi del nostro gruppo hanno fatto, nel recente passato, diversi studi con questa metodica, ottenendo sempre risultati coerenti con quelli ottenuti con la percussione. L'ecografia lineare si è dunque dimostrata una tecnica valida, quanto lo era la percussione, per la valutazione dei malati autoimmuni. Questi lavori sono stati presentati in diversi convegni di immunologia. Nessuno è stato mai pubblicato. La scorsa estate, la Dott.ssa Metelli ha raccolto i dati ottenuti nell'arco di alcuni anni in collaborazione con l'ecografista Dott.ssa Osio, misurando la milza di un campione di malati di artrite reumatoide a confronto con soggetti sani. Io ho elaborato il testo, con la guida e la supervisione del Prof. Miescher. Nell'occasione, abbiamo coniato il termine immunosplenometria, per indicare in modo icastico il significato del metodo. Abbiamo proposto lo studio alla rivista Radiologia Medica, che ne ha rifiutato la pubblicazione per due ordini di motivi, entrambi senza dubbio giustificati: uno di natura anatomica, in quanto la localizzazione della polpa bianca nel contesto della milza non è in realtà definita nei termini da noi descritti; il secondo di ordine tecnico, perché la sonda lineare utilizzata nello studio - così come tutte quelle attualmente disponibili - non è abbastanza lunga, e ha in effetti obbligato a un artifizio pratico che non è stato ritenuto accettabile. Queste argomentazioni, seppure di per sé coerenti, non tolgono minimamente validità ai risultati da noi documentati. I dati dimostrano con la massima chiarezza come l'immunosplenometria sia un metodo valido e riproducibile per diagnosticare le malattie autoimmuni sistemiche. Perché questo è importante? La risposta è semplice: perché non ne esistono altri. La riprova è nei racconti dei pazienti, che vediamo o che ci scrivono, da cui emerge la frequente difficoltà dei medici da loro consultati nello stabilire con sicurezza la natura autoimmune di quadri clinici pur eloquenti. Come spiegato nel testo, ancora oggi reumatologi e specialisti di varie branche discutono su criteri sempre più complessi e indaginosi che offrano una soluzione valida al problema. Nessuno di quelli accettati è paragonabile all'immunosplenometria, per semplicità, affidabilità e accuratezza. Antonio Piga

L'ecografia lineare della milza per la diagnosi precoce dell'artrite reumatoide
Metelli M.R.1, Osio P.2, Piga A.3, Miescher P.A.4
1 Medico di MMG, Azienda Ospedaliera Lombardia, Brescia
2 Reparto di Radiologia, Ospedale Sant'Orsola-Fatebenefratelli, Brescia
3 Medico di Medicina Interna, Cagliari-Brescia
4 Professore Emerito New York University e Università di Ginevra

Riassunto
Obiettivo. Documentare l'importanza dell'ecografia lineare della milza per la diagnosi precoce e il monitoraggio dell'attività dell'artrite reumatoide. Materiali e metodi. Dal dicembre 2004 al dicembre 2010 abbiamo messo a confronto un gruppo di 50 soggetti sani con un gruppo di 33 pazienti con artrite reumatoide, mediante la misurazione ecografica della lunghezza della superficie di contatto tra milza e parete toraco-addominale sull'ascellare media, con sonda lineare multifrequente da 7,5-12 Mhz. Risultati. Nei soggetti sani la misura è risultata pari o inferiore a 6 cm. Nei paz. con AR in fase di attività il valore è risultato significativamente maggiore (media 8,22 cm, p<0,005), per poi ridursi col trattamento immunomodulante. Conclusioni. La valutazione delle dimensioni della milza con ecografia lineare (immunosplenometria) rappresenta un indicatore affidabile di attività dell'artrite reumatoide, ai fini sia della precocità che della flessibilità del trattamento. Parole chiave: ecografia immunosplenometrica. Artrite Reumatoide: diagnosi precoce

Introduzione
L'Artrite Reumatoide (AR) è una malattia cronica infiammatoria autoimmune, che provoca un danno progressivo - fino a completa distruzione - delle articolazioni. La prevalenza è dell' 1,8-3 % della popolazione, con predilezione per il sesso femminile (1). Oggi la terapia dell'AR ha fatto molti progressi, e il clinico può contare su farmaci di grande efficacia. Il problema ancora aperto è quello della precocità della diagnosi. Vi è infatti un generale consenso sul concetto che prima viene instaurata la terapia, minore è la probabilità che si producano danni articolari irreversibili (2). Ma i criteri diagnostici attualmente accettati, che impongono la positività di indici bioumurali, sono inadeguati nei casi - piuttosto frequenti - in cui l'AR ha un un esordio insidioso, senza sintomi immediatamente evocativi e senza parametri di laboratorio rilevanti. Per questi pazienti la diagnosi - e di conseguenza il trattamento immunomodulante - può arrivare con un ritardo anche di anni, durante i quali viene di norma attuata soltanto una terapia sintomatica con farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS), che non influenzano il decorso della malattia. Oggi, per questa categoria di malati, la diagnosi precoce risulta impossibile, e il rischio di lesioni articolari irreversibili è ancora molto elevato. E' dunque necessario affrontare la diagnosi dell'AR con altri criteri, che permettano di riconoscere la presenza della malattia nelle sue fasi più precoci. L'AR è una malattia autoimmune, e le sue fasi patogenetiche iniziali sono quelle proprie della risposta immune. La sequenza dei fenomeni immunopatologici può essere così schematizzata: 1 individuazione di un autoantigene articolare liberato dall'articolazione danneggiata. Questo antigene può essere modificato nel processo del danno articolare (3,4). 2 Passaggio dell'autoantigene nel sangue circolante. 3 Presentazione dell'autoantigene ai linfociti T nei tessuti specifici del sistema immunitario. Tra questi tessuti, la polpa bianca della milza riveste un ruolo particolare, in quanto più facilmente accessibile alla valutazione clinica. La milza è un organo capsulato emolinfoide situato nella cavità peritoneale, sotto il diaframma e dietro lo stomaco. Si compone di due compartimenti, la polpa rossa e la polpa bianca. La polpa bianca è un organo linfoide, con una struttura interna atta a favorire le interazioni cellulari implicate nella RI. Siccome una parte rilevante dei fenomeni iniziali dell'AR ha luogo nella milza, è logico mirare l'approccio diagnostico precoce su quest'organo. L'interazione e la proliferazione cellulare nella RI producono l'ingrossamento della polpa bianca splenica (5,6). Questo ingrossamento si traduce clinicamente in un'estensione dell'area di contatto tra milza e parete toraco-addominale. Oggi l'utilizzo dell'ecografia lineare permette di determinare la lunghezza di questo contatto - difficile da rilevare all'esame clinico - con accuratezza (7). Servendoci di questa metodica, abbiamo studiato un gruppo di pazienti con AR e un gruppo di controllo di soggetti sani.

Materiali e metodi
In un arco di tempo di sei anni, tra il dicembre 2004 e il dicembre 2010, abbiamo studiato le dimensioni della della milza di 50 soggetti sani, in un range di età tra i 15 e gli 80 anni, e di 34 pazienti con A.R., 29 femmine e 5 maschi, di età compresa tra 16 e 78 anni. 10 di questi sono stati successivamente rivalutati, in fasi differenti di attività della malattia. Visto il significato dello studio, abbiamo scelto di utilizzare per la valutazione clinica l'indice di Ritchie, che prescinde dai parametri di laboratorio. Per la misurazione è stata utilizzata una sonda lineare multifrequente da 7,5-12 Mhz. L'utilizzo della sonda lineare, al posto della sonda convex dell'ecografia addominale tradizionale, permette di ottenere un dato mirato alla parte più superficiale della massa splenica - rappresentata dalla polpa bianca - con grande accuratezza e trascurabili margini di errore. La misurazione viene eseguita con soggetto in posizione supina, con respiro indifferente, lungo la linea ascellare media, con leggeri adattamenti secondo la costituzione individuale e il grado di distensione dell'addome, per la replezione dello stomaco e del colon. Il margine splenico superiore corrisponde al limite inferiore del contenuto aereo polmonare, quello inferiore è rappresentato dal limite più caudale dell'organo. Questa metodica, considerandone natura e scopo, può correttamente definirsi immunosplenometria (ISM).

Tabella 1. LUNGHEZZA DELLA MILZA MISURATA NEI SOGGETTI SANI

N.

Età

Sesso

Misura (cm)

1

50

F

4,5

2

38

F

4

3

55

F

4,2

4

37

F

4,7

5

66

M

5,5

6

32

F

6

7

60

F

6,5

8

20

M

4,5

9

45

M

5,2

10

45

F

5,5

11

52

F

5,4

12

30

M

4,8

13

68

M

6,2

14

27

F

4,4

15

48

M

5,5

16

50

F

5,2

17

18

M

6,6

18

27

F

5,6

19

42

F

5,5

20

15

F

3,8

21

20

F

4,8

22

70

F

5,5

23

50

M

5,2

24

40

M

6

25

30

F

4

26

48

F

7

27

42

F

4,6

28

21

F

5,4

29

36

F

4,2

30

61

F

5,6

31

68

M

5,8

32

22

F

3

33

72

F

3,4

34

58

F

4,8

35

36

F

3,4

36

26

F

4,4

37

50

M

5,2

38

15

F

4,5

39

62

F

5,5

40

50

F

4

41

70

F

3,8

42

45

M

5,8

43

36

F

4,5

44

25

M

4,8

45

48

F

5,2

46

38

M

4,5

47

80

F

4,4

48

50

M

6

49

23

F

5,2

50

24

F

4,6


MEDIA COMPLESSIVA: 4,98 cm
DEVIAZIONE STANDARD: 0,87

Tabella 2. LUNGHEZZA DELLA MILZA NEI PAZIENTI CON ARTRITE REUMATOIDE ATTIVA

N.

Età

Sesso

Grado di attività

Misura (cm)

1

16

F


9

2

20

M


10

3

55

F


10

4

68

M


7,5

5

55

M


9,2

6

45

F


6,8

7

35

F


8,3

8

68

F


8

9

53

F


9

10

50

F


10

11

62

F


8,5

12

56

F


8

13

60

F


8

14

52

F


7,8 *

15

54

F


9 *

16

45

F


7,2 *

17

58

M


8,5 *

18

45

F


7,5 *

19

48

F


7 *

20

50

F


8 *

21

28

F


7,2 *

22

35

F


9 *

23

48

M


7

24

46

F


7,2 *

25

60

F


8

26

45

F


8

27

53

F


8,5

28

40

F


9

29

78

F


7 *

30

75

F


8,5

31

33

F


8,2

32

26

F


8,5

33

42

F


8


* Recidiva di malattia
MEDIA COMPLESSIVA: 8.22 cm
DEVIAZIONE STANDARD: 0,99 cm

Risultati
La misurazione dell'area di contatto tra milza e parete toraco-addominale nei soggetti sani (tab.1) ha permesso di rilevare un valore medio di 4,98 cm, con una deviazione standard di 0,87, indipendentemente dall'età e dal sesso degli esaminati. Nei pazienti con artrite reumatoide in fase di attività (tab. 2) abbiamo invece documentato misure nettamente maggiori, situate in un range da 6,8 a 10 cm, in media 8,22 cm, con DS 0,99 (p<0,005). Per 11 pazienti si trattava di recidive, tutti gli altri erano casi all'esordio. La netta prevalenza del sesso femminile nel nostro campione è in accordo col dato epidemiologico. Su dieci pazienti sono state compiute misurazioni di controllo, a distanza di tempo variabile dalla prima valutazione, in fasi differenti di attività della malattia e di trattamento praticato. I risultati sono riassunti nella tab. 3. Appare evidente la stretta correlazione tra il dato dell'attività di malattia e quello dell'incremento della misura splenica.

Tabella 3. Pazienti con A.R. controllati a distanza

ID

Età

S

e

s

s

o

Esordio


1° controllo

2° controllo

3° controllo

4° controllo




Grado att.

Dim.

Grado att.

Dim.

Grado att.

Dim.

Grado att.

Dim.

Grado

att.

Dim.

1

16

F

31

9 cm

4

5 cm

(8 mesi)

15

8 cm

(1 anno)

6

6,5 cm

(3 mesi)



2

20

M

25

10 cm

14

8 cm

(3 mesi)







3

55

F

48

10 cm

30

8,8 cm

(5 mesi)

5

6 cm

(6 mesi)

18

8 cm

(1 anno)



4

68

M

39

7,5 cm

0

5,8 cm

(1 anno)







5

55

M

54

9,2 cm

0

5,5 cm

(10 mesi)







6

35

F

56

8,3 cm

6

5,5 cm

(3 mesi)







7

60

F

40*

8 cm

25

7,5 cm

(2 mesi)

32

8 cm

(1 anno)

6

5 cm

(8 mesi)



8

54

F

51

9 cm

0

5,5 cm

(6 mesi)







9

53

F

44

8,5 cm

4

5 cm

(4 mesi)

5

7 cm

(2 anni)

7

6,2 cm

(2 mesi)

0

5,5 cm

(1 anno)

10

33

F

39

8,2 cm

7

6 cm

(5 mesi)








* recidiva
L'attività di malattia è definita con l'indice di Ritchie (0-78)

Discussione
Ci siamo posti l'obiettivo di documentare il valore dell'immunosplenometria quale indice affidabile di attività immunologica nell'artrite reumatoide. Nel campione da noi studiato, il raffronto tra i risultati della misurazione ecografica dell'organo nei soggetti sani e quelli nei pazienti con malattia attiva fornisce un dato molto chiaro: tutti i malati mostrano un vistoso incremento del dato dell'ISM (misura media > 8 cm), rispetto a un valore che nei soggetti normali si situa al massimo sui 5-6 cm. Definita la diagnosi, i pazienti hanno ricevuto un trattamento immunomodulante d'attacco, con un criterio di approccio polifarmacologico, sempre personalizzato. Tutti hanno assunto metotrexate parenterale e ciclosporina e piccole dosi di steroide per os (4-5 giorni la settimana). La maggior parte ha utilizzato anche idrossiclorochina, alcuni leflunomide o penicillamina o azatioprina o salazopirina. Nei casi più difficili è stato necessario somministrare anche boli di steroidi per via endovenosa. Ottenuta la remissione, è stata prescritta una terapia di mantenimento, con dosi e farmaci ridotti. Il gruppo dei pazienti ricontrollati (tab. 3) ha evidenziato un ottimo accordo tra lo stato della malattia e il risultato immunosplenometrico. Va osservato che sei su dieci avevano parametri di laboratorio pressoché normali anche in fase acuta. Al primo controllo, i sette pazienti asintomatici mostravano valori d'ISM simili a quelli dei soggetti sani. La paz. n. 1, ottenuta la remissione, interruppe volontariamente il trattamento. A distanza di un anno, in piena recidiva, la milza era tornata a una misura di 8 cm. Dopo tre mesi dalla ripresa del trattamento il valore si era ridotto a 6,5 cm, con sintomatologia molto attenuata. Il paz. n. 2 presentava all'esordio un quadro estremamente severo. Dopo tre mesi di terapia i sintomi erano meno intensi, e il dato ISM era passato da 10 a 8 cm. La paz. n.3 ha mostrato un parallelismo meno immediato tra quadro clinico e ISM: a cinque mesi dall'inizio del trattamento i sintomi erano quasi scomparsi, mentre la milza era variata da 10 a 8,8 cm. Dopo altri sei mesi, in costanza di remissione, la misura era di 6 cm. Anche questa paziente interruppe sua sponte la cura. Controllata dopo un anno, aveva un ISM di 8 cm, e un discreto impegno articolare. La paz. n. 7 aveva una malattia di vecchia data, trattata in precedenza con sali d'oro. Come si vede dalla tabella, il valore ISM è tornato nel range normale soltanto quando si è raggiunta la piena remissione. E' infine rilevante l'andamento della paz. n.9. All'interno di un decorso globalmente molto soddisfacente, vi è stata una recidiva - di lieve entità - dopo oltre due anni di benessere, motivata da problemi familiari. E' interessante osservare come in questo caso l'incremento ISM (da 5 a 7 cm) sia stato evidenziato prima della ripresa dei sintomi. Con l'intensificazione del trattamento, e il miglioramento della situazione familiare, la paziente è tornata in remissione, con ISM di 5,5 cm.

Conclusioni
I risultati da noi documentati, pure in uno studio che per l'esiguità del campione deve considerarsi preliminare a indagini ulteriori, indicano come l'immunosplenometria sia un metodo valido e affidabile per la diagnosi di attività dell'Artrite Reumatoide, indipendentemente dai parametri bioumorali, e possa guidarne sia il trattamento precoce che quello tempestivo delle recidive. L'applicazione dell'ISM può essere preziosa anche nella valutazione dei pazienti con altre malattie autoimmuni. L'argomento dovrà essere oggetto di ulteriori studi.

Bibliografia
1 Feldmann M., Maini R.N. (1998) Rheumatoid arthritis: introduction. Springer Semin Immunopathol 20:3-4 2 Amy J. , Brasington R. et al (2010) Immunologic rheumatic disorders. J Allergy Clin Immunol February:204-214 3 Utz P.J., Hottelet M., Schur P.H., Anderson P. (1997) Proteins phosphorylated during stress-induced apoptosis are common targets for autoantibody production in patients with systemic lupus erythematosus. J Exp Med 185:843 4 Kuhn K.A., Kulik L., Tomooka B., Braschler K.J., Arend W.P., Robinson W.H., Holers W.M. (2006) Antibodies against citrullinated proteins enhance tissue injury in experimental autoimmune arthritis. J Clin Invest 116:961 5 Miescher P.A., Laganà B. (2005) The role of the spleen in autoimmune diseases. III conferenza Sant'Andrea sulle malattie autoimmuni, Università di Roma La Sapienza 6 Miescher P.A., Laganà B., Ossandon A., Zavota L., Metelli M.R., Osio P., Guttman S., Perini P., Pascalis L. (2006) The role of the spleen in autoimmune diseases. I convegno ASL Brescia Casa di cura Villa Barbarano 7 Miescher P.A., Zavota L., Ossandon A., Laganà B. (2003) Autoimmune disorders: a concept of treatment based on mechanisms of disease. Springer Semin Immunopathol Vol 25 Suppl 1