Le malattie autoimmuni         
 

Classificare i fenomeni naturali (le malattie sono fenomeni naturali) ha senso fin dove questo aiuta a capirli. La tassonomia di quelli che oggi conosciamo come disturbi autoimmuni risale in prevalenza a un'epoca in cui se ne ignorava del tutto la natura, ed è frutto della semplice osservazione di situazioni cliniche. La scoperta del meccanismo autoimmune quale causa di molte tra le più comuni malattie, che in precedenza erano definite idiopatiche, ha determinato una rivoluzione dell'intelligenza a cui la medicina si è dimostrata impreparata. Anziché costruire una nuova mentalità, adeguata al cambiamento, su cui formare nuove figure professionali, si sono conservate le stesse competenze, come se niente fosse cambiato. Vediamo così che la medicina interna ancora prevede specialità di reumatologia e allergologia, che il progresso avrebbe dovuto mettere in soffitta. Ma non è stato istituito il ruolo del clinico immunologo, competente per l'autoimmunità. Avviene pertanto che il LED sia seguito dal dermatologo, l'anemia emolitica dall'ematologo, il Crohn dal gastroenterologo (si badi che non è una questione di titoli: se un oculista ha capacità e esperienza per gestire la terapia immunomodulante in un paziente con uveite, va benissimo così. Il punto è che questo non accade quasi mai, perché l'impostazione culturale "specialistica" è molto lontana da una simile evenienza). Questa realtà si rispecchia perfettamente nella mancanza di una classificazione razionale delle malattie autoimmuni. Di seguito ne proponiamo una, limitata alle forme più importanti, strutturata, per quanto possibile, in base a un criterio patogenetico. Lo scopo di questa pagina è duplice. Da un lato vuole rappresentare il nostro approccio culturale alle problematiche dell'autoimmunità. Dall'altro, vuole dare un'informazione corretta su aspetti salienti delle principali forme morbose. Con un'avvertenza fondamentale: se un paziente ha intenzione di cercare la propria malattia nell'illustrazione che qui ne diamo - così come in qualsiasi altra esistente - sappia che non la troverà. Trattare di una malattia serve semplicemente a individuarne le caratteristiche più rilevanti, su cui elaborare i concetti utili a riconoscerla. Ogni individuo è simile ma non uguale a tutti gli altri della sua specie, e esprime parimenti la malattia in modo affatto unico e personale. Le malattie non sono mai nei libri o nei siti internet. Ma solo e in modo peculiare in ogni singolo malato.


LE PRINCIPALI MALATTIE AUTOIMMUNI


Collagenopatie a prevalente impronta artritica

  • Artrite giovanile idiopatica
  • Artrite reumatoide

    Pietra di paragone di tutti i reumatismi, è considerata (forse a torto) la malattia più frequente nella categoria. Questo nonostante una considerevole percentuale di casi sfugga alla diagnosi, in quanto non conforme a criteri clinici e scale di valutazione osservati come una religione da tutti i reumatologi, che pure continuano a fare congressi per modificarne i parametri, segno che loro stessi sono i primi a metterne in dubbio la validità. Colpisce le articolazioni delle estremità, spesso in modo simmetrico. Sono bersagli tipici, anche se non obbligati, le articolazioni tra le falangi prossimali e tra metacarpi e falangi delle mani, e quelle metatarso-falangee dei piedi. Anche la colonna, soprattutto quella cervicale, può essere interessata. Forme atipiche (migranti, asimmetriche, pauciarticolari) si possono attualmente riconoscere solo con la valutazione splenometrica. Oggi l'artrite reumatoide fa meno paura di quanto accadesse fino a 40 anni fa. Con la terapia immunomodulante appropriata, il rischio di lesioni e deformità articolari si è molto ridotto, sebbene forme particolarmente aggressive restino ardue da controllare.

  • Malattia di Still
  • Spondiloartrite anchilosante (M. di Bechterew)

    Il mal di schiena è uno dei sintomi registrati con maggiore frequenza negli ambulatori medici, così comune che - salvo casi estremi - molti pazienti neanche lo menzionano. La colonna vertebrale, esclusi sacro e coccige, conta 25 articolazioni - sottoposte ininterrottamente al carico, progressivo in senso cranio-caudale, della massa corporea - ognuna delle quali può facilmente dar luogo a un'artrite. La clinica ci insegna come la stragrande maggioranza delle artriti primitive manifesti un'origine reumatica. Sebbene quasi mai diagnosticata, la spondiloartrite - nei suoi vari gradi e forme - può dunque considerarsi una delle malattie più frequenti in assoluto. Il suo maggiore contrassegno clinico è la sacroileite, quasi sempre rilevabile, seppure molti pazienti non la avvertano come sintomo (dolore al bacino posteriore). L'ernia del disco è una delle più comuni complicanze di questo disturbo. Un'altra specialmente insidiosa è l'uveite. La reumatologia tradizionale associa la spondiloartrite alla presenza del gene di istocompatibilità HLA B27, che in realtà è un indice del tutto irrilevante, predittivo tutt'al più di una maggiore aggressività della malattia. Sebbene richieda sovente un trattamento farmacologico, è il reumatismo che più di tutti beneficia dell'attività fisica. Nei casi avanzati può essere diagnosticata con una semplice lastra della colonna dorsale, in grado di evidenziare i sindesmofiti, calcificazioni degli anelli ligamentosi intervertebrali, di cui la maggioranza dei radiologi pare aver perso la memoria, visto che non li citano neanche nei casi più eclatanti. La spondiloartrite sembra avere un pattern antigenico comune con morbo di Crohn e colite ulcerosa, tanto che molti considerano tutte queste forme come un'unica malattia. Coesiste non di rado con l'artrite reumatoide.

Collagenopatie a prevalente impronta vasculitica
  • Arterite di Takayasu
  • Crioglobulinemia
  • Dermatomiosite
  • Granulomatosi di Wegener
  • Lupus eritematoso sistemico
Non rarissima, seppure non comune come artrite reumatoide e spondiloartrite, è potenzialmente la più pericolosa tra tutte le malattie autoimmuni. La varietà delle manifestazioni, l'imprevedibilità del decorso, l'aggressività con cui può esprimersi ne fanno una sorta di paradigma dell'autoimmunità. Fortunatamente, a fronte di queste spiacevoli caratteristiche, è anche una di quelle che meglio rispondono al trattamento farmacologico. Nel percorso diagnostico di un possibile problema autoimmune, il LES è sempre la prima ipotesi da considerare. Linfopenia, riduzione del complemento e presenza di anticorpi anti-DNA sono i parametri caratteristici della malattia. In assenza di tutti questi, la diagnosi è ragionevolmente esclusa. Il LES può colpire praticamente qualsiasi organo o apparato, più spesso reni e articolazioni, non di rado cuore, polmoni, sistema nervoso, cute, midollo osseo, organi ipocondriaci e organi di senso. L'intessamento cerebrale può rendere necessaria una terapia anticoagulante sine die. La sindrome nefrosica può talora persistere anche in fase di piena remissione, costituendo un problema terapeutico di difficile soluzione. A parte questo, una diagnosi di LES è tutt'altro che una condanna senza appello. La maggior parte delle nostre pazienti, colpite in età anche molto precoce, con la giusta terapia hanno potuto condurre una vita di buona qualità e portare felicemente a termine almeno una gravidanza.
  • Malattia di Sjögren

    Fra tutte le collagenopatie, è una di quelle più interessanti da studiare. Caratterizzata da un'infiammazione cronica di ghiandole salivari e lacrimali, che tende a ridurne progressivamente la capacità funzionale, in modo spesso asincrono e con tempi variabili da mesi a molti anni, ha spesso i tratti di un reumatismo poliartritico. Ma può anche dar luogo a quadri clinici tipici delle vasculiti, come manifestazioni ischemiche, sindrome di Raynaud, neuropatie periferiche. Oltre a esprimersi come forma a sé stante, può associarsi a tutte le altre malattie autoimmuni, rappresentandone una delle più comuni complicanze (si parla in questo caso di sindrome di Sjögren). Il danno prodotto alle ghiandole è irreversibile, pertanto deve essere diagnosticata tempestivamente e trattata con la ciclosporina, unico farmaco in grado di contrastare questo effetto. L'ipolacrimia, anche asintomatica, può determinare danni corneali. E' perciò sempre opportuna, soprattutto la notte, la protezione con sostituti delle lacrime, in forma di gel o collirio.

  • Malattia di Weber-Christian
  • Poliarterite nodosa
  • Polimialgia reumatica
  • Sclerosi sistemica

    I trattamenti immunomodulanti oggi disponibili hanno decisamente modificato la prognosi di questa malattia, da sempre ritenuta tra le più gravi. Si tratta di una vasculite sistemica a impronta fibrosante, coinvolgente in primis la microcircolazione, che aggredisce più spesso cute (da cui il termine comune sclerodermia), tubo digerente, polmone, rene, cuore e vasi. I tessuti colpiti tendono a diventare duri, spessi e anelastici, con progressiva perdita funzionale. Pressoché costanti in questa malattia sono la sindrome di Raynaud e le artralgie. Ancora con frequenza si osservano ulcere delle estremità, fino a gangrena, e neuropatia periferica. Come tutte le collagenopatie, ha gradi di espressione assai variabili. Una variante particolare è la morfea, una sclerodermia circoscritta, in forma di aree brunastre di cute poco indurita, a prevalente carico del tronco. Oltre agli immunomodulanti di prima linea, sono spesso utili per il trattamento di questo disturbo talidomide e penicillamina.
     
  • Sindrome anticardiolipina
  • Sindrome di Behçet
  • Sindrome di Churg Strauss

Dermopatie
  • Alopecia totale
  • Lichen planus
  • Lupus eritematoso discoide
  • Pemfigo
  • Pemfigoide bolloso
  • Psoriasi

Emopatie
  • Anemia aplastica
  • Anemia emolitica autoimmune
  • Porpora trombocitopenica idiopatica

Malattie dell'apparato digerente
  • Cirrosi biliare primitiva
  • Colite ulcerosa
  • Epatite cronica attiva
  • Malattia di Crohn
  • Morbo celiaco

Altre malattie d'organo
  • Diabete mellito autoimmune (tipo 1)
  • Malattia di Basedow
  • Pericardite idiopatica
  • Pneumopatia idiopatica interstiziale
  • Sindrome di Cogan
  • Sindrome nefrosica idiopatica
  • Tiroidite di Hashimoto

    E' uno dei più frequenti tra tutti i disturbi autoimmuni. Può esordire acutamente, con espressioni di iperfunzione che possono generare quadri di tireotossicosi, rischiosi per il paziente a causa delle complicanze cardiache, che impongono la tempestiva profilassi con β-bloccanti. A parte questa eventualità, di norma - quando presente - transitoria e di breve durata, la tiroidite di Hashimoto non è un problema grave, potendo al massimo condurre a una condizione cronica di ipofunzione ghiandolare, facilmente compensabile con l'opoterapia sostitutiva (in pratica una dose quotidiana di ormone per via orale). Per questo motivo è una malattia che di per sé non giustifica un trattamento immunomodulante cronico. Il maggiore problema del morbo di Hashimoto è che non viene quasi mai da solo. Quando è diagnosticato è dunque fondamentale una valutazione immunologica approfondita, per individuare precocemente ogni possibile comorbilità. Può associarsi alla vitiligine.

  • Uveite idiopatica

Neuromiopatie
  • Miastenia grave
  • Polimiosite
  • Sclerosi multipla
  • Sindrome di Guillain-Barré
  • Sindrome miastenica di Lambert Eaton


Sarcoidosi


Malattie neuroinfiammatorie con patogenesi autoimmune secondaria

  • Maculopatia essudativa
  • Malattia di Alzheimer